Abbiamo visto e fotografato Marco Zitelli, in arte Wrongonyou, nella sua ultima data romana all’Ex Dogana venerdì 8 settembre all’interno del Viteculture Festival. Sul palco insieme alla sua band anche le comparse di Roberto Angelini e Rocco Papaleo.
Innamorato del folk e di tutta la discografia di Justin Vernon, comincia a scrivere brani intorno al 2013 ed a pubblicarli sul suo profilo Soundcloud, i brani arrivano all’orecchio del professore di Sound Technology dell’Università di Oxford il quale lo invita a registrare nei recording studios dell’università, gli stessi dove nel ’91 gli Shinding, oggi conosciuti come Radiohead, registrarono Manic Hedgehog. Lì nasce Hands, il primo demo che gli permetterà di intraprendere “seriamente” la sua carriera cantautorale.
Se ascoltassi Wrongonyou senza sapere chi è te lo immagineresti come un tipo originario di uno di quei paesaggi boschivi americani con un grande lago in mezzo. E forse anche di colore. Perché si, vocalmente, proprio come loro, ha una marcia in più e le scelte melodiche di questo artista, subito acchiappato dalla Carosello Records, rimandano a luoghi lontani e suggestivi.
Invece a Roma è una serata di fine estate e all’Ex Dogana l’aria fresca rende piacevole l’attesa che si è creata per Wrongonyou, nome d’arte di Marco Zitelli, classe 1990. Un ragazzone alto e robusto con un sorriso grande sale sul palco insieme alla sua band e incanta il pubblico per il particolare timbro black e profondo. Non ha ancora un album all’attivo ma musicalmente sembra avere in testa le idee chiare.
Che Marco sia legato alle terre d’oltreoceano e che il suo sound corra parallelo agli autori della “nuova” generazione folk rock americana (Ryan Bingham, Israel Nash Gripka e The White Buffalo, per citarne alcuni) lo si percepisce da subito. Nella dimensione live, infatti, si apprezza meglio il timbro vocale e i brani perdono la vena pop delle registrazioni in studio (ad eccezione di “The Lake” introdotta da Marco con “questo è l’unico pezzo ballabile che ho scritto!”). Nella setlist fa la sua comparsa anche una cover d’eccellenza, I’m on fire di Bruce Springsteen. Un soffio di vento dai deserti americani lo porta anche Roberto Angelini con la sua steel guitar, ospite in una manciata di brani.
A riportarci alla tradizione italiana delle nostre radici ci pensa invece Rocco Papaleo che, sul palco dell’Ex Dogana, interpreta magistralmente una storia musicale sui treni che passano, a metà tra sorrisi strappati e l’emozione che sfiora la malinconia.
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