Varsavia, il terzo videoclip da “Una valle che brucia” di unòrsominòre. accompagna un brano che è una storia della sconfitta e dell’accettazione della medesima, “della rassegnazione all’assurdità di un’esistenza in un mondo fondamentalmente ostile, e troppo al di là della nostra portata per poter comprenderne le dinamiche”.
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Varsavia è il terzo estratto in forma di videoclip da “Una valle che brucia”, il disco che unòrsominòre. ha pubblicato lo scorso 14 aprile per diNotte Records insieme all’ep “Analisi logica”. Il video è un collage di immagini astratte, alberi, particolari di oggetti, realizzate da Michele De Finis e Carlo Sacerdoti negli anni Duemila con una vecchia videocamera, con qualche inserto più recente realizzato da unòrsominòre. e montato da lui stesso sul pc di casa: “È un video concettuale, realizzato con mezzi poveri, ma evocativo; non vuole distrarre dalla musica e dalle parole della canzone con immagini invasive o raccontando una storia, ma punta a amplificare l’effetto delle medesime sottolineandone l’atmosfera, straniante e sognante, plumbea ma sfuggente.”
Varsavia è un brano che deve molto “a certa dark wave primi anni ’80; ho suonato il tema principale su un sintetizzatore Roland Juno, e la batteria è scarna e simile a un loop elettronico, sebbene sia invece interamente suonata”.
Il testo è un flusso di coscienza in cui confluiscono liberamente immagini storiche, sociali e personali (“personali mie e personali di un io più collettivo”), a formare una sorta di storia della sconfitta e dell’accettazione della medesima, “della rassegnazione all’assurdità di un’esistenza in un mondo fondamentalmente ostile, e troppo al di là della nostra portata per poter comprenderne le dinamiche” – come si evince dai versi finali, che sono una specie di pillola condensata di teoria della relatività: “lo sa il tempo che ride incastrato tra spazio e luce: / che sembra fiume impetuoso ed è trama fugace”.
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