To the Bone: l’anima rinnovata di Steven Wilson

Il principe del prog contemporaneo, Steven Wilson, è tornato con il suo quinto album da solista To The Bone. L’artista britannico ha impiegato anni per costruire il suo impero nel mondo del prog rock nei Porcupine Tree, nei vari progetti alternativi e nei precedenti album solisti, ma questa volta decide di cambiare volto

to the bone

L’artista britannico ha impiegato anni per costruire il suo impero nel mondo del prog rock nei Porcupine Tree, nei vari progetti alternativi e nei precedenti album solisti, ma questa volta decide di cambiare volto: un sound vicino al pop degli ’80 (Tears for Fears, Peter Gabriel, Prince) con influenze orientali e macchie prog qua e là dosate con il contagocce. Già dai primi singoli estratti, i fan non riescono a mandare giù l’inaspettata virata del loro idolo. In particolare il singolo Permanating assomiglia quasi ad una parodia degli Abba accompagnata da coreografie Bollywoodiane. L’album però nasconde la maturità di Steven Wilson: non più assoli di 5 minuti di Guthrie Govan o i tempi dispari improponibili di Marco Minneman, ma una maggiore cura degli arrangiamenti e dell’espressività vocale grazie al cambio di formazione.

Al primo ascolto può sembrare che l’artista si sia “ammorbidito” o addirittura “venduto” (per via anche del cambio di etichetta alla Caroline International, ramo della prestigiosa Universal) ma non è cosi. Wilson ha ancora tanta energia da trasmettere nel mondo del rock e di certo non è un artista ancora accessibile a tutti.

L’opera è un viaggio introspettivo e riflessivo su tematiche umane e sociali che proietta l’ascoltatore di traccia in traccia in diverse ambientazioni musicali, dalle più angosciose a quelle più leggere. L’album esplode con la title track To The Bone in un groove dinamico grazie alle percussioni ed il finale d’atmosfera. Di particolare interesse è la presenza femminile. In primis Ninet Tayeb, cantante israeliana, sua compagna musicale già in Hand Cannot Erase, qui presente in quasi tutto l’album ma soprattutto nel singolo Pariah dove ne è la protagonista. Non è da meno Sophie Hunger in Song Of I, canzone di ispirazione Depeche Mode e Massive Attack e dal video alquanto inquietante.

Refuge è la traccia più significativa e toccante dell’opera con un sound pinkfloydiano ed un particolarissimo assolo di armonica eseguito dall’artista Mark Feltham dei Nine Below Zero. Infine non mancano brani con un sound più classico, molto somigliante a The Incident dei Porcupine tree: la chitarrosa The Same Asylum As Before, l’energica People Who Eat Darkness e la trascendentale Detonation che con i suoi 9 minuti e 20 secondi rispecchia i vecchi canoni del prog.

L’ultimo video e singolo in uscita Nowhere Now è stato girato nell’Atacama Large Millimeter Array, un interferometro situato nel deserto del Cile, ed il brano evidenzia il nuovo Wilson, non più triste ma pieno di speranza e pronto per dare la sua intimità al pubblico.

Il To the Bone Tour partirà il 31 gennaio e toccherà Europa, Canada e Stati Uniti. Steven Wilson è atteso in Italia per due concerti: il 9 febbraio 2018 al Teatro degli Arcimboldi di Milano ed il 10 febbraio 2018 all’Atlantico di Roma.

 

di Antonio “Silent” Matera

 

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