La band canadese Timber Timbre sceglie il Monk di Roma per presentare il suo nuovo album Sincerly, future, pollution uscito il 7 aprile scorso. Il trio al sesto album in studio non ha voluto, come da tradizione, fotografi al suo cospetto ma, attraverso le parole proviamo comunque a trasmettervi le immagini che ci hanno guidati nel loro esperimento sonoro.
Nella seconda serata di riapertura del Monk a Roma, il 30 settembre, sono andata a vedere il trio canadese guidato da Taylor Kirk. Un progetto che aspettavo di vedere in azione già da molto tempo. La band ha all’attivo sei album in studio ed è famosa, tra le altre cose, per aver fatto entrare alcuni dei suoi brani nelle famose serie tv The Walking Dead e Breaking Bad.
I Timber Timbre chiedono di non avere fotografi a raccontare i loro concerti e quindi tutto quello che mi resta da condividere è il frutto di immagini mentali vissute durante la serata, in uno degli show più intensi ai quali io abbia mai assistito, senza l’uso di alcuna diavoleria se non dei loro stessi strumenti e della calda voce guida del front man Taylor Kirk.
Avevo già apprezzato la band attraverso i suoi lavori in studio, soprattutto in quelle escursioni elettroniche dell’ultimo disco Sincerely, future, pollution uscito lo scorso Aprile. La band porta al Monk proprio questo lavoro che indaga più a fondo nell’animo umano e nel lato oscuro che nascondiamo anche a noi stessi e dal quale cerchiamo di tenere indenni gli altri. Un lato oscuro che si riflette in maniera più ampia sul sociale rendendoci artefici, nel bene e nel male, del più grande disegno. Taylor Kirk e soci affondano dentro a questa oscurità e ci portano con loro, in escursioni che evocano – nemmeno troppo vagamente- le opere di Nick Cave e – a tratti- i lavori più onirici di una band, sicuramente più ricca in termini di suoni e formazione, come gli Arcade Fire di Reflektor.
Quella dei Timber Timbre è un’ esplorazione in mondi paralleli che dal vivo, ancora di più che su disco, convince e rapisce. Le note di basso sono così incisive che sembrano accompagnare i passi di un incessante cammino tra i boschi canadesi in notturna. La batteria sostiene alla perfezione questa cavalcata, mentre la chitarra e le tastiere lasciano intravedere la luce della luna in una notte buia. In ogni momento della serata si ha la sensazione che dietro uno di quegli alti alberi ci sia qualcosa in cui incappare o qualcuno da cui scappare. Ma c’è la voce di Kirk ad apparire come un rifugio sicuro al quale approdare.
La scaletta scorre in un unicum, attraverso scenari onirici che si fanno a volte cupi, a volte più ricchi di pathos, in un filo conduttore che si snoda tra i loro quattro ultimi lavori. Ad arricchire la scena i Timber Timbre ospitano sul palco il sassofonista Chris Cundy, che avevamo apprezzato anche in apertura di concerto. La coltre di nebbia scesa sul Monk si dirada lasciando spazio ad una soluzione che conduce alle sfumature del jazz e del blues riportandoci dritti agli anni del rock alternativo dei Morphine.
Nella parte finale della scaletta la band saluta e ringrazia, il pubblico è in delirio, ma poi i tre dell’Ontario tornano sul palco per concedersi ancora con altri tre brani. Poi le luci si riaccendono, la band lascia per davvero il palco e quello che resta è una sensazione profonda di calma mista ad inquietudine, propria di quelle situazioni in cui qualcosa nel profondo del proprio intimo si è risvegliato.
Setlist: Sincerely, Future Pollution / Sewer Blues / Velvet Gloves & Spit / Moment / Hot Dreams / Western/ Questions / Curtains!? / Until the night is over / Magic Arrow / Grifting / Bleu Nuit / Do I have power / Beat the drums slowly / Woman Encore: Grand Canyon / This low commotion / Trouble comes knocking
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