E’ uscito il 13 gennaio per La Tempesta Dischi “Blindur”, l’omonimo disco d’esordio dei Blindur, duo napoletano composto da Massimo De Vita e Michelangelo Bencivenga. Noi li abbiamo sentiti al telefono per conoscerli meglio.
Qui le date per ascoltarli live:
04.02 Modena – OFF
08.02 Pozzuoli (NA) – Factory
09.02 Arezzo – Sottopiazza
10.02 Milano – Arci Bellezza
11.02 Correggio (RE) – I Vizi del Pellicano
12.02 Paratico (BS) – Belleville Rendezvous
17.02 Napoli – Duel Beat (supp. The Zen Circus)
18.02 Narni (TR) – Tabard Inn
19.02 Roma – Le Mura
24.02 Lunano (PU) – Enoteca di Lunano
26.02 Contursi Terme (SA) – Bandiera Bianca
02.03 Bologna – Locomotiv
03.03 Asti – Diavolo Rosso
04.03 Torino – Officine Corsare
23.03 Caserta – Unplugged
24.03 Colle di Val d’Elsa (SI) – Bottega Roots
07.04 Catania – La Cartiera
08.04 Barcellona Pozzo di Gotto (ME) – Perditempo
09.04 Palermo – Fabbrica 102
13.04 Ragusa – Primaclasse
14.04 Rosolini (SR) – MAD
15.04 Siracusa – Hmora
16.04 Licata (AG) – Drogheria
Leggendo la biografia dei Blindur le prime cose che impressionano sono i sette premi ricevuti e la consolidata esperienza live di 150 date in tutta Europa. Sono abituati alla musica dal vivo, ai suoni sporchi, alle emozioni del momento, ed è per questo che hanno deciso di registrare l’album in presa diretta, per mantenere questa sensazione.
Traccia dopo traccia, l’omonimo album d’esordio dei Blindur trasmette vibrazioni positive, energia e carica. Il duo si svela raccontando le proprie storie, insistendo sulle parole, ben scandite con voce calda, ma senza rinunciare alla ballabilità delle musiche. Il cantautorato italiano si fonde con il folk, l’elettronica e il post rock. La chitarra si impone in tutti i pezzi, accompagnata talvolta anche da strumenti come il benjo e l’armonica che donano ai brani un’atmosfera di festa. In questo disco i Blindur appaiono palesemente appagati dal fare musica, contagiosi col loro entusiasmo quasi fanciullesco.
L’uscita di “Blindur” è stata anticipata dal singolo “Aftershock”.
Sulla copertina appare la scritta “Blindur” in alfabeto Braille, per dimostrare che non vedere non costringe a stare nel buio, perché si può percepire il mondo in altri modi. Il nome del duo infatti fa riferimento proprio alla cecità di Massimo De Vita, e prende spunto da un incontro con Jónsi (chitarra e voce dei Sigur Rós), cieco da un occhio, che ha dato l’idea per la traduzione del termine “cieco” in islandese, cioè “blindur”.
Alcuni brani sono ritmati e coinvolgenti già dalle prime note, come “Aftershock” e “Canzone per Alex”; altri iniziano con arrangiamento più minimale e poi si caricano fino ad esplodere, come “Solo andata” e “Foto di classe”.
Tutto l’album segue una stessa linea sia a livello di sonorità sia a livello di liriche, coinvolgendo in un ascolto ipnotico senza interruzioni.
Si sente che i Blindur suonano e scrivono col sorriso, e per questo la loro musica è piacevole e travolgente. Un disco che sicuramente non delude anche dal vivo, la loro vera dimensione.
Noi abbiamo raggiunto al telefono Massimo De Vita, per farci raccontare qualche retroscena del suo percorso musicale con l’amico Michelangelo Bencivenga.
Ciao Massimo, come vi siete conosciuti e come avete iniziato a fare musica insieme?
Io e Michi [ndr Michelangelo Bencivenga] ci conosciamo dai tempi della scuola, abbiamo suonato insieme in vari progetti e varie band. Poi circa tre anni fa ci siamo ritrovati e abbiamo deciso di iniziare questa nuova avventura come duo.
Mi racconti dell’incontro con Jónsi da cui è nato il nome del duo?
Era l’estate 2013 e noi avevamo cominciato a lavorare ai brani e al nostro progetto, stavamo decidendo in che direzione andare. Proprio in quel periodo sono andato a sentire i Sigur Rós a Roma e ho avuto la fortuna di incontrare Jónsi (il cantante) dopo il concerto. Mentre mi firmava i dischi, ha notato che sono non vedente e, non vedendo anche lui da un occhio, abbiamo iniziato a parlare di questa cosa che ci accomuna. E’ stato molto carino con me, alla fine ci siamo abbracciati e gli ho detto che ci saremmo visti in Islanda, perché avevamo già preso contatti col fonico dei Sigur Rós per lavorare con lui. Poi ho raccontato tutto a Michi, perché è stato shockante, e abbiamo deciso di cercare la traduzione islandese di “cieco”, che è “blindur”, per rifarci a questa storia.
Che ascolti state facendo ultimamente?
Ci sono dei punti fermi che ascoltiamo da sempre, tipo il folk in generale, ad esempio poco fa stavamo ascoltando i Fairport Convention, o ci piacciono i Pogues, Bon Iver, Damien Rice, o buona parte del post-rock come Sigur Rós.
Però ultimamente stiamo riscoprendo una direzione un po’ più aggressiva, più rock, più punk, siamo in una fase di ricerca generale.
Avete girato tanto proponendovi live prima di questo disco. Come vi siete trovati a fare questa scelta di far uscire solo ora l’album, dopo due anni di concerti?
Avevamo pensato in origine di far uscire prima il disco e poi fare il live, ma in realtà poi ci siamo resi conto che nessuno avrebbe creduto nel disco di una band di totali sconosciuti. E’ venuto tutto in maniera molto naturale, avevamo voglia di suonare e allora lo abbiamo fatto, e man mano sono venuti fuori i pezzi, che dal vivo hanno poi cambiato arrangiamento più volte. La dimensione live è molto nostra: per questo abbiamo pensato prima a preparare tutto e poi a “scattare la foto”, e il disco lo abbiamo voluto registrare dal vivo.
Le canzoni sono nate tutte in tour quindi? Come nasce un vostro brano?
La scrittura è mia: spesso prendo spunti da cose successe in giro e a casa finisco la primissima stesura. Poi ci lavoro con Michi in sala prove e suonando dal vivo il pezzo si evolve fino ad assumere la sua forma quasi definitiva.
Perché la scelta di cantare in italiano e non anche in inglese, visto che girate molto fuori dall’Italia?
Abbiamo riflettuto per capire se fosse il caso di cantare in inglese, ma poi abbiamo visto che cantare in italiano funzionava anche fuori, l’emozione passa comunque. Poi vorremmo anche evitare di cantare in inglese con lo stesso risultato dei Rokes che cantavano in italiano! [Ride]
C’è differenza tra un vostro live in Italia e uno altrove? Avete un approccio diverso?
Cerchiamo di mantenere sempre lo stesso approccio. Ci piace instaurare un dialogo col pubblico, chiacchierarci, raccontare qualche aneddoto. Ovviamente all’estero c’è più tensione perché partiamo con l’idea che lì hanno musica di livello molto più alto rispetto a noi, ma in realtà abbiamo poi avuto un’ottima risposta ovunque. C’è da dire che all’estero sono più educati alla musica, c’è una predisposizione più attenta all’ascolto, ai particolari.
Sarete in tour in Italia in questi mesi, manterrete la stessa linea che avete portato avanti prima dell’uscita dell’album o cambierete qualcosa?
Abbiamo aggiunto qualche pezzo in scaletta e c’è qualche modifica al setup, ci sono cambiamenti minimi a livello tecnico ma poi ce la vivremo di volta in volta. Bisogna considerare che abbiamo due spettacoli diversi, uno acustico e uno elettrico, e quindi hanno già due atmosfere totalmente differenti tra loro.