Intervista a Renzo Rubino | Dalle canzoni pop alla verità

Renzo Rubino Gino Castaldo Crash Roma

Cantautore intenso e polistrumentista. E’ Renzo Rubino, l’artista che abbiamo intervistato al Crash di Roma in occasione di un suo omaggio a Lucio Dalla insieme a Gino Castaldo.

 

Abbiamo incontrato Renzo Rubino, cantautore e polistrumentista, con tre partecipazioni a Sanremo e tantissimi premi ed apprezzamenti, al Crash di Roma, prima di un suo live tributo a Lucio Dalla insieme a Gino Castaldo. Ci ha raccontato della sua carriera e dei progetti in cantiere.

 

 

Volevo partire proprio dagli inizi, qual è il primo strumento che hai suonato?

Il pianoforte, i miei nonni ne avevano uno in casa, dove funzionavano solo quattro tasti e io ogni tanto andavo lì a premerli. Quei quattro tasti sono stati la mia prima canzoncina e i miei nonni vedendo la predisposizione per questo enorme “giocattolo” lo fecero aggiustare.

Tra le tue canzoni pubblicate e non, ne hai scritta qualcuna nella tua infanzia?

No, quando eravamo piccoli io e mia sorella inventavamo canzoni sui cartoni animati che guardavamo in tv, e cantarle avrebbe comportato un percorso artistico diverso dal mio (ride). La canzone più vecchia nei miei album però è “Bignè”, che scrissi intorno ai 16 anni.

Proprio verso la fine della tua adolescenza sono nati i TKM…..

Il cui nome sembra la sigla di una motocicletta ma in realtà TKM stava per il diminutivo di una frase dialettale che era un “modo simpatico” per fare un omaggio ai defunti (ride). Prima della nascita del gruppo, lavoravo in pizzeria e un giorno con la pala in mano mi sono domandato se quello fosse davvero ciò che volevo fare nella vita. Mi accorsi che volevo studiare per fare l’attore e mettermi i soldi da parte facendo quello che già sapevo fare, ovvero suonare.
Inizialmente era solo per divertimento e guadagno, tant’è che il mio primo vero ingaggio era in un noto night club in provincia di Brindisi.

Qual è stata la cosa più strana che ti è accaduta durante questa esperienza lavorativa?

Suonare Guccini in un night club è già abbastanza strano, con le persone che si commuovevano.

Il modo più curioso in cui è nata una tua canzone?

Andai da un discografico per fargli ascoltare i pezzi, quando arrivai nel suo studio, mi misi a suonare al piano le mie canzoni e proprio mentre eseguivo “Il postino” vidi dietro di me il mio manager che piangeva per la commozione, il discografico invece non apprezzava, cercava una canzone pop. Tornato a casa con questo tarlo in testa mi è venuta la febbre e ricordo che dopo qualche giorno a letto, un pomeriggio intorno alle 3 mi sono svegliato, sono andato al pianoforte ancora ammalato, ho iniziato a suonare e ho scritto quella che sarebbe poi diventata una mia canzone chiave che si chiama appunto “Pop”.

Qual è secondo te l’elemento chiave per la riuscita di una canzone?

La verità. E’ l’elemento che permette di arrivare alla gente.

Come è stata la tua prima esperienza a Sanremo?

Divertente, un momento molto tenero e creativo della mia vita. Ricordo che, mentre suonavo, c’era in prima fila una signora con gli occhi chiusi e la bocca spalancata, pensavo fosse morta, questa è la prima cosa che mi viene in mente ricordando quel Sanremo.

 

 

Come definiresti il tuo disco “Farfavole”?

Libero. Erano le prime canzoni che avevo immaginato e scritto, un ep “senza regole”. Penso che sia un disco importantissimo perché pieno di libertà, mentre dopo ti entra nella testa che devi intraprendere una tua strada musicale, cercare di limare aspetti spigolosi.

E il secondo disco Poppins?

Poppins ricorda un po’ Pop come canzone e un po’ Mary Poppins,. Lo immaginavo un po’ come il contenitore di quello che per me era indefinito e incontenibile, era il mio modo di intendere la musica e la vita.

5 Canzoni che reinseriresti in un tuo nuovo album.

Giungla, Altalena blu, Per sempre e poi basta, Il segno della croce e Ridere, ma sono solo le prime che mi vengono in mente.

Una riflessione sui tuoi 6 anni di carriera?

Siamo qui, ancora oggi faccio il mio lavoro in maniera concreta, spensierata e onesta con me stesso. Dopo sei anni è già un grande traguardo perché spesso la musica è usa e getta. Uno dei miei obiettivi è sempre stato quello di tracciarmi un mio spazio, che fosse solo mio, senza associarmi necessariamente a una corrente.

Il tuo ultimo Sanremo è stato nel 2018, con un tour e album al seguito, ora quali sono i
tuoi prossimi passi?
Questo è uno dei momenti più vivaci e creativi della mia vita artistica, sto lavorando a tre nuovi progetti che annuncerò a breve.

 

Di Dario Argenziano

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