gama, cantautrice e produttrice lucana, è una voce originale nel panorama musicale italiano. Il suo percorso inizia tra i banchi di scuola come vocalist per una band metal, ma è con il suo progetto solista che riesce ad esprimere appieno la sua visione artistica. Qui la nostra intervista a gama per scoprire di più sulla sua musica, sul nuovo EP “Monster” e sui temi che affronta nelle sue canzoni.
Dopo oltre dieci anni di esperienza live, la musica di gama si distingue per un sound che unisce pop, metal, R&B ed elettronica, creando un mix personale e riconoscibile.
Con il suo nuovo EP, “Monster”, gama affronta temi complessi come il pretty privilege, il conformismo e il rapporto con la propria terra, immergendosi nella riflessione sulla diversità e sull’autodeterminazione. Ogni traccia racconta una “mostruosità”, una divergenza dalle norme che diventa una forza creativa e identitaria. Tra i brani spicca “Sóra mè”, cantato in dialetto pisticcese, un omaggio coraggioso alle sue radici che esplora il rapporto complicato con la sua terra d’origine.
Nonostante le difficoltà di un processo creativo interamente solitario, gama considera questo EP una sfida personale vinta, ma non intende fermarsi qui. Il palco rimane il luogo dove la sua musica prende vita, e con l’uscita di “Monster”, si prepara a nuovi live, tra cui il release party del 21 dicembre a Policoro.
Abbiamo avuto il piacere di parlare con gama per conoscere meglio la sua storia, la sua musica e i suoi progetti futuri.
Ciao gama e benvenuta su Indieffusione! Per chi non ti conosce, chi è gama e come descriveresti il tuo percorso artistico fino a oggi?
Ciao, grazie! gama è una cantautrice e produttrice che ha iniziato il suo percorso tra i banchi di scuola, come vocalist e coautrice per una band metal. Nonostante la scrittura sia stata sin dal primo giorno parte del mio percorso artistico, ci ho messo molti anni per arrivare alla pubblicazione del mio primo disco. Mi piace pensare di aver avuto cura di questo progetto che è sempre stato dentro di me e nel frattempo ho fatto molta pratica live, lavorando per più di 10 anni come vocalist e cantante.
Il tuo sound unisce elementi di metal, R&B ed elettronica. Come descriveresti la tua musica a chi non l’ha mai ascoltata prima d’ora?
Descriverei la mia musica semplicemente come POP. Poi dentro ci sono tutte le influenze dei miei ascolti, che sono molto variegati.
“Monster”, il tuo ultimo ep, è interamente scritto, arrangiato e prodotto da te. Quali sono state le maggiori sfide che hai incontrato occupandoti dalla A alla Z di questo nuovo lavoro?
È stato un lavoro estenuante durato circa 2 anni, ma la cosa che ho sofferto di più è stata la solitudine. Amo fare musica con le altre persone, penso sia un’esperienza arricchente sia per musicisti e musiciste, ma anche e soprattutto per la musica che ne viene fuori. Questa scelta è stata dettata sia da questioni di budget (credo fermamente che il lavoro debba essere pagato ed essere pagato il giusto, soprattutto un lavoro come il nostro che viene comunemente associato ad un hobby), ma anche da una sfida personale. Per la prossima musica che scriverò ho altri piani.
“Monster”, che prende il nome da uno dei pezzi contenuti nell’ep, è un titolo molto forte ed evocativo. Cosa rappresenta per te?
I 6 brani del mio ep parlano ognuno di una “mostruosità”, di una diversità, di una divergenza da ciò che è considerato norma. Mostro mi ci sento spesso nel faticoso percorso di autodeterminazione come artista, ma anche come persona.
Nell’EP affronti temi complessi come il pretty privilege e il conformismo. Come sei riuscita a tradurre questi concetti in musica?
Le canzoni dell’ep sono tutte autobiografiche, quindi ho semplicemente cercato di parlare di ciò che vivo e provo, dei cortocircuiti che si creano quando si cerca di decostruire e decostruirsi per ricostruire e ricostruirsi migliore.
C’è una traccia dell’EP a cui ti senti particolarmente legata? Se sì, perché?
Dico sempre che “3 decine e 6 unità” è la mia preferita. Un po’ perché è la prima che mi abbia portato un riconoscimento (la vittoria alla IV edizione di Permette Signorina, il contest per cantautrici organizzato da Lunatika Factory), ma soprattutto perché è stato il primo brano per cui ho sentito di essere riuscita ad esprimere esattamente quello che volevo dire con parole, musica e arrangiamento. Infatti è stato anche quello a cui ho lavorato più a lungo.
A proposito: hai partecipato a contest come Permette Signorina e il Premio Bianca d’Aponte. Che esperienze sono state e che impatto hanno avuto sul tuo percorso?
Sono state esperienze estremamente positive e arricchenti, non solo perché mi hanno dato occasione di calcare palchi importanti e di farmi ascoltare da nuovo pubblico, ma anche e soprattutto per le relazioni che mi hanno permesso di intrecciare. Ascoltare nuova musica (e variegata!), sentire storie, stringere mani, sono linfa per chi vuole scrivere canzoni, quindi sicuramente ci saranno pezzi di queste esperienze nei miei prossimi brani (potrebbe essere uno spoiler).
Tornando all’EP, il brano “Sóra mè” è cantato in dialetto pisticcese. Come mai questa scelta coraggiosa di dare spazio al dialetto e che valore ha per te?
Il mio dialetto è la mia lingua. La mia meridionalità è una di quelle mostruosità di cui parlavamo prima che sfoggio con grande orgoglio. Il brano parla del rapporto complicato che ho con la mia terra, della voglia di restare e cambiare quel che si può e dell’invidia (parola forte, ma sentimento reale) nei confronti di coloro che hanno molte più opportunità solo perché sono altrove.
Progetti futuri? Potremmo vederti presto live su nuovi palchi?
L’8 dicembre sarò a Pescara per Contemporary Fest, proprio grazie al Premio d’Aponte. Ma soprattutto il 21 dicembre ci sarà il release party per Monster all’Absolute Café di Policoro (Matera). Ci tenevo che fosse a casa mia e ho aspettato le festività natalizia per dare modo di esserci alle tantissime persone amiche che studiano o lavorano fuori sede. Non vedo l’ora di suonare. Il palco per me è l’essenza di tutto quello che faccio.