Su Indieffusione la nostra intervista a Fudasca, talentuoso songwriter e producer romano, per parlare del suo ultimo singolo “Ci Avrei Scommesso” che vede la partecipazione di Giuse The Lizia e Willie Peyote, co-protagonisti anche del videoclip in un’atmosfera scanzonata, tra sigarette, bicchieri e partite a carte.
“Ci avrei scommesso”, il nuovo singolo di Fudasca in collaborazione con Giuse The Lizia e Willie Peyote, è un brano caratterizzato da vibes malinconiche e un sound intimo e scanzonato che esplora il tema universale del fallimento amoroso. Fudasca, noto per le sue collaborazioni internazionali nel panorama lo-fi, ha recentemente calcato i palcoscenici della Corea del Sud, consolidando il suo ruolo di ponte tra culture musicali diverse. In questa intervista, scopriremo le influenze di Fudasca, il suo processo creativo e i progetti futuri, a livello nazionale che internazionale.
Ciao Fudasca e benvenuto su Indieffusione. “Ci Avrei Scommesso”, il tuo ultimo singolo, sembra affrontare tematiche emotive intense. Cosa ha ispirato la creazione di questo brano e qual è il messaggio principale che desideri trasmettere attraverso la sua musica?
Ciao, ragazzi di indieffusione! Si, le tematiche sono intense ma in realtà molto semplici e comuni e quello che le ha ispirate è proprio questo: vissuti semplici e comuni. Questo perché il brano è stato ispirato da una delle mie più grandi passioni che è il cinema neorealista di De Sica e il cinema della comicità amara di Sordi, o del racconto alla Fellini. Quello che li accomuna sono proprio racconti di vita semplice, di difficoltà di tutti i giorni, delle persone comuni, spesso anche ricorrenti ma proprio perché capitano a molte persone diverse, sono piene di sfaccettature. Ecco, questa è semplicemente un’altra storia di quel tipo, semplice ma vera, umana. E l’intento è proprio questo: quello di togliere un po’ la patina plasticosa e asettica a cui siamo abituati nella società moderna dove tutto deve sembrare perfetto, di successo e vincente. Con questo brano si propone un semplice, classico e intenso fallimento di un amore.
Nel tuo percorso hai lavorato con artisti internazionali di diverse parti del mondo, come Corea del Sud, Canada e Inghilterra. Come, queste esperienze, hanno influenzato il tuo approccio alla produzione musicale?
Sicuramente l’effetto più grande che hanno avuto su di me queste collaborazioni è quello dell’apertura. Aver avuto modo di vedere così tanti approcci diversi di scrittura e di workflow, così tante reference diverse, mi hanno dato la possibilità di essere più camaleontico a seconda delle necessità di produzione e, soprattutto, al tipo di racconto che si vuole sviluppare e come lo si vuole sviluppare. A seconda della lingua e della cultura cambiano modi e tempi di narrazione e ci sono sottili equilibri da non scombussolare per far uscire il pezzo al meglio.
Come decidi quali stili musicali incorporare nei tuoi brani e quali sfide incontri nell’unire queste influenze in modo coerente?
La sfida più grande sta proprio nella domanda: la coerenza. Non è facile trovare un filo conduttore che unisca una release italiana e una per la Corea ed il K-pop, eppure ogni volta mi impegno per mantenerla, e credo alla fine di averla trovata nell’esaltazione dell’imperfezione e nella componente umana. Che sia una canzone pop o lo-fi, cerco sempre di mettere il mio tag che è quella della percezione dell’imperfezione e quindi di qualcosa di “artigianale”.
“Ci Avrei Scommesso” sembra mescolare sonorità vintage ed elettroniche. Come bilanci queste diverse influenze nel tuo processo creativo e come credi che ciò contribuisca alla tua identità musicale?
In realtà non le bilancio. O meglio: credo si auto-bilancino in qualche modo. Quello di cui mi interessa maggiormente durante questo processo è che “vintage” non sia sinonimo di vecchio e noioso e che “elettronico” non sia sinonimo di immaturo e asettico, quindi cerco semplicemente di integrare la freschezza della musica elettronica con il warm e l’imperfezione di strumenti vintage e analogici, complice in questo pezzo anche il tappeto armonico, molto nostalgico.
In “Ci Avrei Scommesso” hai collaborato con Giuse The Lizia e Willie Peyote. Come è nata questa collaborazione e in che modo i loro stili e la loro presenza hanno arricchito il brano?
La collaborazione è iniziata in origine con Giuse, dove ha registrato strofa e ritornello su una super bozza che gli avevo mandato con l’idea di fare un pezzo un po’ swing in chiave moderna. Poi nel ritornello abbiamo capito che doveva svilupparsi in qualcos’altro, e una volta sviluppato in una cosa world funk nel ritornello, non poteva che planare su una roba hip-hop, coerente con lo sviluppo cronologico stesso della musica: jazz, funk, hip-hop. A quel punto Willie mi è sembrato perfetto perché si contrapponesse come mood a qualcosa di molto più chill che era l’idea iniziale. Da un lato Giuse, sornione e romantico, descrive una situazione amorosa rassegnata, dall’altro Willie, molto più in osservazione attiva, è più pungente e vivido nelle immagini. Dalla contrapposizione di stili e generi, in realtà, è emersa una complementarità secondo me ben riuscita.
Nelle diverse esperienze di collaborazione con artisti italiani e internazionali qual è la differenza più significativa nell’approccio creativo quando lavori con artisti italiani rispetto a quelli internazionali?
In realtà non ne farei un discorso di nazionalità ma più personale. Mi è capitato di vivere esperienze simili e contrapposte con nazionalità divers. Forse l’unica vera differenza che ho notato è che in Italia mi sembra si faccia moltissima attenzione al testo, a trovare l’incastro giusto e la topline giusta in qualsiasi genere; mentre in altre parti del mondo come gli Stati Uniti, forse si pensa più al vibe generale che trasmette il pezzo e all’immagine che quest’ “alone” creativo imprime nella mente. Questo però non significa che un modo è meglio dell’ altro, anzi, a me piace moltissimo entrare nel dettaglio di entrambi gli approcci e ancor di più essere un ponte di comunicazione tra di essi e portare uno nell’altro e viceversa.
Ti sei recentemente esibito in Corea del Sud a ottobre 2023. Come è stata questa esperienza e come pensi che la tua musica venga recepita dal pubblico in contesti culturali diversi?
Come dicevo prima, cerco di essere io ad immedesimarmi in diverse culture. Sono sempre stato appassionato di cultura e filosofia orientale e in generale nella mia musica cerco di inserire ciò che di bello ho appreso studiandone i dettagli. L’esperienza è stata molto bella, soprattutto aver incontrato artisti di spicco del K-pop come Jay B dei Got7 o Kino dei Pentagon o Park Hyo Shin. Percepire la loro stima fa bene all’ anima, mi fa capire che il linguaggio della musica è davvero universale e che in qualche modo sono riuscito ad imprimere in musica dei dettagli e dei concetti appresi da scene diverse pur rimanendo coerente con la mia identità.
Tra le diverse esperienze musicali c’è un genere musicale che ancora non hai esplorato ma che vorresti sperimentare in futuro?
Certo! L’alt-rock con quel mood British mi ha sempre affascinato. Sono fan di Eyedress e mi piacerebbe molto fare una cosa del genere, forse proprio con lui. Ma in generale non mi incasello in nulla e sono aperto a tutto se mi viene permesso di metterci del mio.
Guardando al futuro, quali sono i tuoi progetti e obiettivi a breve e lungo termine, sia a livello nazionale che internazionale?
Sicuramente a livello nazionale vorrei continuare questa serie di piccoli racconti in giro per l’Italia con artisti e visioni diverse. Per l’internazionale vorrei continuare ad approfondire il tema K-pop e continuare questa bella intesa che si è creata con gli artisti coreani. Poi sto lavorando molto anche con artisti dell’hip-hop e lo-fi americano. Vorrei recuperare anche un po’ le origini, quello che è stato il mio primo canale di espressione. Sto lavorando ad un album.
Grazie per essere stato con noi!
Grazie mille per l’ attenzione !