Come fai a spiegare a chi non c’era chi era Freddie Mercury a 25 anni dalla sua morte? A me sembra ieri, con la sua voce unica in quei brani epici che risuonavano a tutto volume per tutta casa, e l’energia della sua personalità di idolo indiscusso che riusciva a raggiungermi persino a migliaia di km di distanza.
I Queen, il nome di ambiguo significato che aveva scelto per identificare la sua band rappresentava fino in fondo anche il suo essere regale ed elegante, e allo stesso tempo contraddittorio, su ogni singolo palco che calcava, in ogni singolo brano che scriveva e cantava. Riesco ad immaginarlo Freddie Mercury mentre saliva quei gradini che lo portavano davanti alla folla in delirio. Se la prendeva tutta. Tutte quelle persone, uno per uno, strappandogli il cuore per portarlo via con sé, ma per lasciare allo stesso tempo una parte di lui dentro di loro. Quella che a distanza di tutto questo tempo continua a riecheggiare nell’eternità.
Mi è capitato infinite volte, tutte quelle volte in cui tornavo a casa da scuola e mettevo su la videocassetta del live a Wembley, fino a consumarne il nastro. Durante ogni singola nota, durante ogni suo acuto, seguito da quel sorriso irripetibile nella sua danza sinuosa, dentro di me speravo che alla fine di quel concerto Freddie fosse ancora qui; speravo continuamente di poter ancora avere la possibilità di ascoltarlo dal vivo per la prima volta, che sarebbe stata indelebile. Avevo un disperato bisogno di farmi rapire anche io dai suoi occhi e dalla sua voce, gelosa di tutta quella gente prostrata ai suoi piedi, probabilmente in fila dalla notte prima, in quella calda e umida giornata di Londra.
Sono trascorsi 25 anni da quando il genio di Freddie Mercury è stato portato via dalla malattia che aveva contratto. L’aveva tenuta nascosta, presa in giro nelle sue canzoni per esorcizzarne la paura, e alla fine svelata per l’ultimo saluto ai fan che lo amavano. Tante seghe mentali sul fatto che oggi per quella brutta malattia c’è una cura e, forse quel mio desiderio di vederlo ancora qui a cantare per noi, che era lo stesso di molti, ora sarebbe reale. Ma ognuno è figlio del suo tempo e lo spettacolo è inevitabilmente andato avanti. Un sipario nero è calato su quel palco ma con un pubblico sicuramente più forte dell’eredità che ci ha lasciato.
Chissà quante cose avresti da dire oggi, Freddie, mentre te ne stai ad accarezzare i tuoi gatti contornato dal profumo delle tue adorate fresie nel giardino della tua casa abbellita da quegli enormi vasi giapponesi che ti piacevano tanto. E chissà quante delle tue canzoni che tu definivi “usa e getta” avresti ancora da scrivere, oggi che la musica avrebbe bisogno di te ancora per un po’. When I look and I find I still love you.