A due anni di distanza dal disco d’esordio, Elena Somaré, artista e principale interprete del fischio melodico in Italia, pubblica il 20 aprile il suo nuovo album dal titolo “Aliento”.
Mentre “Incanto” del 2016 era dedicato alla canzone napoletana, in “Aliento” Elena Somaré affronta e reinterpreta, in maniera del tutto inedita, 13 brani della musica sudamericana che verrà presentato poi in concerto, il 14 maggio, alla Casa Italiana a New York. Esotismo, fascino e mistero. Il fischio melodico di Elena Somaré, unito al seducente animo latino, torna ad incantare l’ascoltatore, avvolgendolo con una grazia e una tecnica a cui è difficile rimanere indifferenti. “Aliento” significa alito, respiro, ma anche afflato, ispirazione, quel soffio vitale che sembra animare Elena Somaré quando riesce a integrare questo suono, umano e insolito, con quello degli strumenti. In “Aliento”, particolare attenzione è rivolta agli arrangiamenti: oltre all’arpa paraguaiana e alle percussioni di Lincoln Almada, maestro e direttore artistico, e al pianoforte di Gianluca Massetti, ascoltiamo antichi strumenti come la viola da gamba di Diana Fazzini, che qui sembra ricordare l’accordeon argentino, la tiorba e la chitarra barocca di Evangelina Mascardi.
Elena Somaré tesse un fil rouge che attraversa l’Oceano Atlantico, da Napoli all’America Latina, avvalorando lo stretto legame che intercorre tra le due culture musicali. Durante la colonizzazione, infatti, i gesuiti portarono in America gli strumenti europei, che si unirono a quelli locali, dando vita a una nuova tradizione popolare che coniugava Spagna con il Centro e Sud America. I ritmi cubani dell’habanera entrarono, così, nel costume e nella moda dell’impero Borbonico, sia in Spagna che a Napoli. O sole mio è, per esempio, una habanera, la cui successiva evoluzione sarà il tango argentino. Ad aprire “Aliento”, è proprio un classico come “Por una cabeza” composto da Carlos Gardel nel 1935. Il disco, però, alterna a brani di repertorio come “Libertango” di Astor Piazzolla, il bolero cubano “Dos Gardenias”, il folk cileno di “Gracias a la vida”, e la celebre “Todo cambia” di Mercedes Sosa, brani meno noti come “Pajarillo Verde”, “Rosa”, “Desde el alma” e “El firulete”.
Definita come voce del diavolo, inquietante suono interiore, ribellione di donne maleducate, adatta solo al cabaret, l’arte del fischio ha dovuto lottare per essere eletta a vera forma di espressione artistica. Ad abbattere le barriere sono state quasi sempre donne. L’italiana Daisy Lumini, cantante, compositrice e “solista di fischio”, e, prima di lei, l’americana Alice Shaw, che tra Ottocento e Novecento, incarnando la rivolta delle suffragette, lasciò il marito e girò il mondo da solista del fischio.
Un ulteriore passo si compie oggi grazie a Elena Somaré. Già a 6 anni fischiava le arie delle opere davanti agli amici della madre, ma il pubblico lo incontra solo quando Ada Montellanico la invita sul palco dello storico Alexanderplatz di Roma. In seguito Elena Somaré si è esibita al Piccolo Teatro di Milano, al Reial Cercle Artistic di Barcelona, all’Auditorium Parco della Musica e al Teatro Sistina di Roma. Nei diversi concerti, Elena ha presentato “Incanto” anche al Festival dei Due Mondi di Spoleto 2016, a Seoul in Corea del Sud e, sempre in Corea, al Tribowl Jazz Festival di Incheon. Come fotografa, nel 2007, Elena ha realizzato anche un reportage al Burning Man Festival in Nevada.
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