E’ uscito il 31 marzo “Effecinque”, il nuovo album dei Differènce – a dirty pop duo . Noi abbiamo scambiato due chiacchiere con loro per toglierci qualche curiosità! Leggi qui sotto l‘intervista…
I Differènce sono solo in due ma questo non significa che a Maurizio Lollobrigida ed Enrico Strina manchi qualcosa: una batteria e una chitarra sono tutto ciò che serve. Dopo “Solo le immagini EP” (2010), “Differènce” (2011) e “Agosto divide” (2014), la two-piece band romana pubblica “Effecinque”, dieci canzoni incentrate sul concept di “aggiornamento”, funzione del pulsante “F5” della tastiera di un computer.
I Differènce ci tengono a sviluppare il proprio progetto in autonomia dalla prima all’ultima fase, dalla parte creativa a quella più tecnica, tutto in casa… Proprio per questo il risultato è “dirty”, imperfetto, vero, non corrotto da leggi di mercato o da sovrastrutture esterne. In “Effecinque” si percepiscono il piacere di fare musica per il gusto di farla e un po’ di sana autoreferenzialità. In un momento storico in cui il suono sta perdendo sempre più naturalezza, la sporcizia dei Differènce è una virtù rara.
Abbiamo fatto qualche domanda ai Differènce. Ecco cosa ci hanno raccontato!
Ciao ragazzi! Per intero vi chiamate Differènce – a dirty pop duo. In che senso la vostra musica è dirty pop?
Ciao! Il nome per intero è un’idea di Enrico, che sta in fissa per i sottotitoli. Probabilmente è per colpa degli Area: non tutti sanno che il loro nome intero fosse in realtà “Area – international POPular group”. Un po’ è un piccolo tributo a loro. Comunque siamo pop perché facciamo una cosa popolare, nei contenuti e nella forma, che in questo disco è quasi sempre l’accomodante strofa-ritornello-strofa-ritornello. Il “dirty” è dato dal suono, volutamente sporco o forse è meglio dire “sporcato” dalle nostre produzioni molto “natural” e senza ritocco alcuno.
Il vostro disco “Effecinque” ruota attorno al concetto di aggiornamento, in particolare dopo la fine di una relazione. Ci sono invece situazioni in cui non ci sarebbe bisogno del tasto “F5” ma di “CANC”?
Sai che ce lo siamo chiesto pure noi? Però “CANC” equivarrebbe un po’ a “chi se ne frega” e alla fine non è cosa da noi. Ci piace tornare sulle cose, esaminarle, rileggerle, smontarle e rimontarle. Ci si mette più tempo, ma almeno non lasciamo delle cose irrisolte. O almeno ci piacerebbe non lasciarle.
Come pensate si stiano evolvendo la scena pop e quella indie ora?
Fondamentalmente la scena pop e quella indie ora sono in un unico calderone. Non ci crediamo più alle “scene”; per noi fonte d’ispirazione sarebbe quella hardcore statunitense, da cui sono venuti fuori grandi band e personaggi degli anni 80-90: pensiamo agli Shellac, i Fugazi, i Germs, Dave Grohl. Forse sarebbe più opportuno parlare di “atteggiamento” verso la musica e la sua produzione, piuttosto che di generi musicali. Ci consideriamo non “indie” ma indipendenti, nel senso che dal giorno in cui entriamo in sala prove a scrivere un brano nuovo fino a quando portiamo i cd da vendere (tutti fatti a mano in casa) ai concerti, nessuno ci mette bocca – a parte il grafico, perché non siamo bravi a disegnare. In realtà a Roma sono quasi tutti indipendenti, ma se lo dici pare che sei sfigato, quindi tutti si creano l’etichetta finta e il collettivo di gente che fa cose e sembrano tutti super organizzati, ma spesso è solo una facciata.
C’è qualcosa che ascoltate di completamente diverso rispetto a quello che proponete nel vostro progetto?
Questa è una domanda potenzialmente infinita… I primi che ci vengono in mente sono Arcade Fire, Cesare Cremonini, Lucio Dalla e i King Crimson. Forse però Dalla e i King Crimson in qualche modo c’entrano…
Il disco del 2017 che finora vi è piaciuto di più?
“Nebbia” dei Gazebo Penguins. È stato un onore aprire il loro concerto al Monk, perché il disco ci è piaciuto moltissimo. Poi sicuramente Motta, ma è dell’anno scorso.
“Formatore” è uno dei brani di spicco dell’album. Con chi ce l’avete in questo pezzo?
“Formatore” è stata scritta interamente da Maurizio ed è un brano autobiografico. L’incazzatura è contro chi gestisce molti posti di lavoro in Italia, in modo improvvisato e non professionale, lasciando al caso processi che invece sarebbero importanti per i lavoratori e per i futuri delle aziende stesse. Ma evidentemente spesso non c’è interesse per la programmazione, bensì solo per l’arricchimento temporaneo.
Quali sono i vantaggi e le difficoltà del suonare solo in due?
Difficoltà non ce ne sono, a parte il fatto che sul palco non puoi nasconderti per nulla e devi sempre essere al 100% dello sforzo, perché non hai modo di rifiatare. Il vantaggio è che noi siamo pigri ed essendo in due ci mettiamo poco ad organizzarci qualunque aspetto legato al suonare, dalle prove, alla scrittura dei brani, fino ad arrivare alla produzione totalmente diy che ci contraddistingue.
In un vostro brano quanto peso ha il testo e quanto la parte strumentale?
In “Effecinque” possiamo dire che hanno pari valore ed anzi la cura per i testi ad un certo punto ha superato quella per la parte strumentale. È una cosa che è cresciuta esponenzialmente: nel primo disco era la musica a farla da padrone, in “Agosto Divide”, il nostro secondo lp, i testi “importanti” sono aumentati. In “Effecinque”il concetto di base, quello di aggiornare le proprie vite dopo una catastrofe interiore, è talmente forte che pervade ogni brano.
Come portate “Effecinque” nella dimensione live? Gli arrangiamenti sono abbastanza fedeli al disco?
Gli arrangiamenti sono identici al disco, anche perché nel disco ci stanno una chitarra, una batteria, due voci. Niente percussioni in più, niente chitarre in più, niente ospitate. Il disco è stato registrato come fosse un concerto dal vivo (tranne che per le voci che sono state aggiunte in una sessione a parte).
Cosa avete in programma per l’immediato futuro?
Continuare a portare “Effecinque” in giro, sia in versione completa che in acustico e scrive i brani per il prossimo disco. Ci piace fare canzoni da condividere con il pubblico, ma scriviamo anzitutto per curare noi stessi.
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