Anzj racconta “Rallenti il tempo” tra intimità e sperimentazione

Anzj Rallenti il tempo

“Rallenti il tempo” è il nuovo singolo dell’eclettico artista e producer milanese Anzj che abbiamo nuovamente incontrato per quest’intervista a distanza di un anno dall’uscita del suo ep “Cammjno”. Con quest’ultimo singolo l’artista conferma la sua vocazione a dare voce a ciò che accade intorno a lui, invitando gli ascoltatori in un viaggio unico attraverso la sua visione artistica sempre in evoluzione.  

 

Da strumentali su SoundCloud a lavori autoprodotti, Anzj ha costantemente sperimentato e unito generi musicali diversi, distinguendosi per un approccio originale e una forte impronta introspettiva. La sua musica, che spazia dal lo-fi alla trap, dall’indie-pop al rap, sfida i limiti convenzionali, creando immaginari sempre nuovi.

“Rallenti il tempo” è il suo nuovo singolo dopo l’uscita dell’ep “Cammjno” un anno fa. Questo brano intimo, interamente prodotto e registrato da Anzj stesso, rivela una notevole crescita artistica e personale. Le sonorità elettroniche, pur accessibili, conducono l’ascoltatore in un viaggio emotivo profondo, culminando in un momento di abbandono all’emotività in cui la voce si fonde con la trama sonora.

“Rallenti il tempo” non è solo musica, ma una riflessione profonda sull’amore e sulla vita, che esplora come la percezione degli eventi possa trasformarsi radicalmente in base alle relazioni e alle scelte che si fanno. Anzj offre un’intima finestra sul significato del singolo, descrivendolo come un “dialogo a metà” con se stesso e con una figura significativa che ha influenzato il suo percorso. Il brano trasmette un concetto di espansione dell’intimità, visibile anche nella suggestiva copertina del singolo. Ce lo ha raccontato in questa nostra intervista.

 

 

Ciao Anzj, bentornato su Indieffusione! “Rallenti il tempo”, il tuo nuovo singolo, è un brano che mostra un’evidente evoluzione artistica da parte tua. In che modo la tua crescita personale ha influenzato la creazione di questo singolo, e cosa vuoi che gli ascoltatori traggano dall’esperienza emotiva del brano?

Voglio che la mia musica cresca con me e con chi mi ascolta, non penso mai di essere “arrivato” da nessuna parte, e anche quando credo di aver fatto qualcosa di buono, non provo mai a replicarlo uguale. Non mi pongo un obiettivo quando faccio musica, le persone saranno in grado di trarre dai miei brani quello che più potrebbe tornare loro utile.

Lo scorso anno hai pubblicato il tuo Ep “Cammjno”. In che modo questo progetto ha preparato il terreno per “Rallenti il tempo” e come vedi la tua evoluzione musicale nel corso di questo ultimo anno?

“Cammjno” mi ha permesso di capire che in Italia c’è spazio anche per sonorità diverse da quelle standard. Mi ha dato la forza di continuare ad esplorare quella direzione, cosa che sto ormai facendo da più anni, a volte velocemente, a volte con calma.

Hai personalmente prodotto e registrato “Rallenti il tempo”. Qual è la tua filosofia di produzione e come ti avvicini alla creazione di un brano, soprattutto quando si tratta di un pezzo così intimo e ricco di emozioni come questo?

Questo brano in particolare è nato da un vocale che avevo registrato una notte dell’anno scorso, solo piano e voce, solo ritornello. Ho costruito tutto il resto attorno a quello e nel corso di un anno ho fatto 4 versioni in totale, man mano scoprendo qualcosa di più sul brano e, di conseguenza, su me stesso. Infine, Marco Maiole e Alberto Bianco, due autori e artisti con cui ho lavorato per definire al meglio questo brano, mi hanno aiutato rispettivamente a raggiungere il nucleo armonico e quello concettuale del pezzo.

Il brano esplora tematiche di amore e vita, riflettendo sulla percezione degli eventi in base ai rapporti interpersonali. Come traduci queste esperienze personali in musica?

Viene molto più facile tradurre esperienze di questo tipo in musica piuttosto che partire da un foglio bianco e pensare “ok, adesso faccio un brano”. Paradossalmente una volta che una persona riesce ad accedere a un certo tipo di “ispirazione” data da esperienze personali, considerazioni esistenziali, riflessioni ecc… il lavoro che deve fare per arrivare a creare qualcosa è più un lavoro di riduzione che espansione. Ognuno di noi ha infinite cose da dire, fra queste è efficace sceglierne alcune e amplificarle piuttosto che cercare di bilanciare ogni singola cosa che ci viene in mente in un mix di sensazioni difficilmente distinguibili.

La tua musica è caratterizzata dalla sperimentazione e dalla fusione di diversi generi musicali. Come decidi quali influenze musicali incorporare nei tuoi brani e come mantieni la coerenza del tuo stile unico attraverso questa diversità?

La coerenza penso sia naturale conseguenza del fatto che facendo praticamente quasi tutto da solo, o comunque essendo molto presente nel processo creativo, molte parti della mia persona si palesano in tutti gli aspetti delle mie canzoni: dal testo alla strumentale, dal mix alla produzione vocale. Mi verrebbe più difficile non darci coerenza, potrebbe essere un esperimento divertente da fare.

 

La cover del singolo di “Rallenti il tempo” mostra una figura umana colpita da un bagliore esistenziale. Qual è il significato simbolico di questa immagine e come si lega al contenuto emotivo del brano?

Il mantra è “La luminescenza dell’individuo sta a indicare l’espansione del dominio più intimo dell’artista che come un faro si rende direzione emotiva e onesta rappresentazione della condizione umana in quanto luce nota e si fa notare in quanto luce acceca e si acceca si accende finché espandendosi ulteriormente non diventa luce IN e PER assoluto in quanto tale è anche assenza della stessa contemporaneamente una cosa è distinta solo se circondata da oggetti che avendo diverse interazioni con la luce ne permettono la delineazione dei contorni siamo tutto siamo mistero rallenta il mio tempo rallenta”

Ancora sulla cover: in che modo concepisci l’arte visiva associata alla tua musica, e quanto pensi che possa contribuire a enfatizzare il significato dei tuoi brani?

All’inizio del mio percorso, quando ancora non capivo molto (non che sia cambiato molto alla fine), avevo la presunzione di dire le solite frasi tipo “Io parlo solo con la musica, non me ne frega niente dell’apparato grafico o di quello che sta dietro!!!”. Per fortuna sono guarito, le immagini aiutano a comunicare al meglio la musica, e la musica a sua volta arriva a comunicare al meglio un’immagine che, se scelta saggiamente (ringrazio il mio art director Matia Chiodo), vive in simbiosi con il brano. Il messaggio è ovviamente veicolato dalla musica, ma tutto quello che è accessorio (compresa la cover art) è fondamentale per generare un’esperienza multisensoriale che colpisca più profondamente lo spirito dell’ascoltatore. Non c’è musica senza emozione, non c’è emozione senza immagine.

Dalla pubblicazione dei primi brani strumentali su SoundCloud fino ad oggi, hai attraversato una notevole crescita artistica. Qual è stata la tua più grande ispirazione lungo questo percorso, e come hai affrontato eventuali sfide lungo la strada?

La mia ispirazione più grande è anche la mia paura più grande: morire senza aver lasciato nulla al mondo. Sembra una frase cliché, inutile, ma è vero: il mio compito è questo, la mia vita è comunicare in musica. Il disagio provocato dal non sentirmi mai “arrivato” è ciò che sostiene il movimento, serve, fa male, ma serve.

Hai una formazione musicale completa, dalla batteria al pianoforte, fino alla laurea in Produzione Audio. In che modo queste competenze influenzano il tuo approccio alla creazione musicale e alla produzione?

Per fortuna non sono mai stato abbastanza serio in nessuna di queste discipline a tal punto da permettere a queste di “irrigidirmi” e pormi dentro a schemi. Ovviamente, aver studiato queste cose e conoscere in generale un po’ come funziona l’armonia e la musica mi ha aiutato, ma non voglio passare il messaggio che l’arte nasca dalla competenza materiale in qualcosa. L’arte nasce dalla capacità di connettersi con ciò che sta oltre, con ciò che non si vede. Certo è che un’idea è meglio espressa se, chi cerca di esprimerla, conosce il mezzo che sta utilizzando per farlo.

Hai recentemente firmato con Columbia Records/Sony Music Italy. Come questa collaborazione ha influenzato il tuo processo creativo e quali sono le opportunità che vedi per la tua musica nel contesto di una major discografica?

Ogni cosa arriva per tempo. Sentivo fosse necessario fare questo passo per avere il supporto e il sostegno di un sistema che potenzialmente potrebbe far arrivare la mia musica a molte persone. Non che il mio obiettivo principale sia avere milioni di ascoltatori, ma vorrei comunque che le persone possano SCEGLIERE se ascoltarmi o no, piuttosto che farlo solo perché non mi conoscono o non hanno mai avuto la possibilità di sentire nulla di mio.

Guardando al futuro, quali sono i tuoi progetti e obiettivi a breve e lungo termine? Ci sono collaborazioni o nuovi progetti che puoi anticipare ai tuoi fan?

Non rispondo mai a questa domanda perché di preciso non lo so nemmeno io. Sicuramente c’è più di un anno di lavoro in ballo.

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