Un nefasto 2016 giunto quasi al termine, ma che nelle sue ultime battute ci porta via un altro grande artista. Se ne va George Michael nel giorno di Natale. Quel “Last Christmas“ da lui cantato e che ha contribuito a renderlo celebre.
Nell’ultimo post sui social del 2 novembre e sul suo sito ufficiale si legge in prima pagina che George Michael “è impegnato nel dare gli ultimi ritocchi al suo nuovo progetto in uscita a Marzo 2017: il film documentario “Freedom”.” Un messaggio che dal giorno di Natale appena trascorso suona come una triste illusione di poter ancora beneficiare della sua musica.
In questi giorni si è scritto molto sull’artista inglese scomparso proprio nel giorno di Natale nella sua casa a Londra. In soli due giorni è stato detto di tutto sulle cause del decesso: infarto, eroina, vita sregolata…è stata tirata fuori la sua omosessualità, gli scandali che, suo malgrado, hanno fatto parlare di lui. A noi di tutto questo non ce ne frega nulla. Vogliamo rispettare la sua privacy, alla quale lui prima di tutto teneva molto, e concertarci sull’artista che è stato: un interprete dalla voce intensa e dallo stile raffinato.
Molti lo ricordano come l’ex Wham!. George Michael iniziò la sua carriera come molti ragazzi negli anni ’80. Erano gli anni dei Duran Duran, degli Spandau Ballet, delle boyband, dei capelli mechati e dell’abbigliamento colorato oggi di dubbio gusto; erano gli anni dell’abbronzatura permanente e delle ragazzine urlanti e in lacrime per i loro beniamini.
George Michael si distingueva fin da subito. Con il compagno in musica Andrew Ridgeley ha dato aria fresca al pop sapendo interpretare subito la tendenza, beccando brani saliti subito in vetta alle classifiche. Non ne ha mai mancata una, nemmeno quando si affacciò al primo tentativo di carriera solista con “Careless Whisper”. Gli Wham! si sciolserò nel 1986, ormai sulla cresta dell’onda. In una situazione del genere o uno muore artisticamente, oppure è talmente bravo da sfruttare quel trampolino di lancio che era stata la boyband, e si reinventa uno stile tutto suo. George dimostra subito chi è e lo fa con la benedizione di Aretha Franklin con cui canta il brano “I knew you were waiting (for me)”. Le sue amicizie in musica poi furono moltissime : da Lisa Stansfield a Elton John con il quale mise giù la bellissima “Don’t let the sun go down on me”.
La consacrazione a grande interprete arriva probabilmente nel 1992 al Freddie Mercury Tribute. È famosissima la sua esibizione con i tre Queen orfani da pochissimo del loro insostituibile front man. Su quel palco George Michael fece quello che nessun altro riuscì a fare quella sera, e nemmeno dopo: non solo interpretare con umiltà la bellissima “Somebody To Love” in maniera impeccabile, ma ebbe la capacità di riportare dentro a quello stadio lo spirito di Freddie Mercury, di farlo rivivere dentro quel coro che nasceva dal pubblico che lo stesso Freddie aveva molte volte infiammato.
La sua carriera artistica è stata caratterizzata più di una volta da battaglie legali con alcune delle sue case discografiche, tanto che ad un certo punto scelse, per Listen without prejudice vol 1, (il volume 2 non vide mai la luce) di non apparire in copertina e di non far partire nemmeno il tour promozionale. L’unico videoclip estratto da quell’album fu per il brano Freedom ’90: Michael rimaneva nascosto alla telecamera lasciando il posto a delle bellissime modelle. Sempre circondato da belle donne durante la sua carriera, e una mascolinità fin troppo ostentata per alimentare l’immagine di un personaggio richiesta dal pubblico, ma che ha probabilmente dovuto lottare molto per imporsi come artista al di là del suo aspetto fisico.
Colpito nel profondo dalla scomparsa del suo compagno Anselmo Feleppa, George Michael si prese una lunga pausa e tornò sulle scene nel 1996 con Older: un album, come promette il titolo, davvero più maturo, nel quale la sua arte di musicista e cantautore raffinato esplodeva con la delicatezza che lo aveva sempre contraddistinto. L’album conteneva anche una dedica di ringraziamento a quanti avevano avuto la pazienza di aspettarlo. Pazienza ricompensata perché quel disco era un’opera di raffinatezza straordinaria con Jesus to a child come apripista, lettera aperta all’amore trovato e poi perso, un amore che continua a vivere negli occhi di chi resta.
E così credo che quell’amore che George Michael ha riversato nella sua musica, rifugio dai mali della sua vita e forse del suo cuore, continua a vivere in quanti lo hanno amato. In molti lo hanno ricordato in questi giorni e tra questi gli U2 che apprezzarono moltissimo la cover di Michael di Miss Sarajevo.
Vidi George Michael esibirsi dal vivo a Roma nel suo 25 Live Tour nel 2007. Era una giornata calda di Luglio e lui aprì sulle note di Song to The Siren, un omaggio a Tim Buckley. Mentre cantava dal backstage sul megaschermo appariva un cielo stellato e le strofe Here I Am Here I am.
Lo ricordo sempre come uno dei più bei concerti visti dal vivo: l’amore dell’adolescenza era diventato un artista raffinato ed elegante che sapeva incantare il pubblico con un’energia indiscutibile, uno stile e una voce perfetta per estensione e profondità. Tra artisti del genere c’è chi, nella perfezione, resta semplicemente solo tecnica. Lui era uno di quelli che riusciva a toccare anche le corde del cuore.
Ora George ti immagino tra quelle stelle mentre la tua voce starà sicuramente risuonando nel cielo.