Il rapper cantautore Carlo Corallo è tornato sulle scene con il nuovo singolo “Un medico mi ha fatto ammalare” con lo speciale featuring di Dutch Nazari. Qui la nostra intervista.
Nel brano – autobiografico – la melodia raffinata e le barre ricche di parole si rincorrono e si uniscono in perfetta armonia, rappresentando lo sfogo sofferto per una passione intensa e un sentimento vivo spentisi lentamente e inesorabilmente, forse per abitudine o per incompatibilità.
Grazie alla speciale collaborazione con Dutch Nazari, naturale conseguenza di un’amicizia fondamentale, Carlo Corallo conferma l’attenzione e l’interesse nei suoi confronti della scena indie e hip hop italiana.
A maggio di quest’anno, inoltre, il celebre artista Maurizio Cattelan ha creato una personale opera sulla base del saggio scritto da Corallo per il “Manifesto del Cambiamento” (edito da Treccani) con lo scopo di creare un dialogo tra i giovani e i Maestri dell’arte contemporanea.
Nel percorso di Carlo Corallo i linguaggi dell’arte si intersecano e si fondono creando immaginari nuovi in un mondo fatto di cambiamenti forse troppo veloci nella famiglia e nella società.
Di seguito la nostra intervista all’Artista con il quale abbiamo approfondito la genesi del brano e il suo versatile percorso artistico che unisce in maniera efficace diverse forme d’arte.
Ciao Carlo, benvenuto su Indieffusione. È appena uscito il tuo nuovo singolo “Un medico mi ha fatto ammalare” in feat con Dutch Nazari. Un titolo curioso: di cosa parla il brano?
Il brano racconta di una storia d’amore finita, in cui una persona ha danneggiato l’altra andando contro ciò che apparentemente è la sua vocazione, ovvero curare gli altri. Il rapporto realmente esistito diventa anche un espediente per parlare di come lo status legato a certe professioni rappresenti un’ombra ingombrante che gonfia l’ego dei soggetti narcisisti, situazione che ho toccato con mano.
Il tema della sofferenza per un amore finito, in questo pezzo, è alleggerito da una melodia raffinata ma allo stesso tempo quasi leggiadra. La scelta dell’arrangiamento è un modo per esorcizzare quelle emozioni?
Sì. Ho scritto questa strofa dapprima nel formato della poesia, poi tramutata in un brano funk per privarla apparentemente di dolore e renderla fruibile anche per chi vuole ascoltare il rap muovendo la testa, lasciandosi più guidare dal groove che dal contenuto del testo.
Hai detto che l’amore è il più grande controsenso della tua vita perché “Ho imparato a parlarne, ma non l’ho mai saputo gestire”. “Un medico mi ha fatto ammalare” è quindi a tutti gli effetti un brano autobiografico?
Assolutamente sì. Ci sono dei passaggi della mia strofa con un significato e un sottotesto comprensibili da tutti, ma con un terzo senso rivolto solo alle persone che mi conoscono nella vita di tutti i giorni e ovviamente all’altra persona parte di questa relazione ormai passata.
Perché – secondo te – nelle relazioni, che siano d’amore o d’amicizia, si creano quelle situazioni di incomunicabilità che portano ad una rottura definitiva?
Perché viviamo un periodo di cambiamenti veloci riguardanti la struttura della famiglia e della società. Tanti punti fermi stanno cadendo e spesso ci ritroviamo in un caos difficile da gestire perché sentiamo che le nostre pulsioni recondite siano legittime, pur non essendo totalmente accettate dalla gente che ci circonda e perché siamo pigri nel comunicare. Inoltre, una società ultracompetitiva e basata sul consumismo ci ha appiattiti e impoveriti di umanità. Pertanto, è facile che una persona faccia soffrire il/la partner senza troppi scrupoli, se la nuova situazione raggiunta si rivela più vantaggiosa.
Il brano arriva a distanza di poco più di un anno da “Quando le canzoni finiscono”, il tuo ultimo disco. Il tema della fine delle cose è abbastanza presente nelle tue canzoni? Perché ti attrae così particolarmente e come vivi il fatto che ogni cosa, ad un certo punto, abbia in qualche modo una sua data di scadenza?
Oggi trovo la data di scadenza un passaggio naturale di ogni iter, che non va demonizzato ma compreso. Crescere in Sicilia mi ha abituato ad una visione delle relazioni duratura e spesso a compartimenti stagni, che ha sicuramente i suoi lati positivi, ma anche tantissimi aspetti limitanti. Detto questo, la fine non è il focus principale dell’ultimo singolo, che invece tratta il tema dello status derivante dalle nostre professioni, spesso in grado di sfociare nella sfera dei rapporti, facendoci prevaricare l’altra/o. Per “Quando le canzoni finiscono”, invece, avevo scelto questo tema perché ho scritto l’album in tempo di Covid e la fine sembrava essere il tema più attuale.
Com’è nata la collaborazione con Dutch Nazari per questo singolo?
È nata spontaneamente dalla nostra amicizia e dal fatto che lui fosse la persona più vicina nel momento successivo alla fine della relazione che ha ispirato il brano. È stato un momento duro dove per la prima volta ho interiorizzato un crollo, riflesso poi sulla mia creatività che ha subito un blocco durato mesi.
Oltre a Dutch Nazari hai già lavorato con artisti come Murubutu, Anastasio, Funk Shui Project, Mattak e Roy Paci. Da rapper di base, sei abbastanza trasversale nel tuo modo di fare musica. Da quali influenze deriva questa tua forma mentis?
Deriva da maestri della letteratura e cantautori, oltre che da pochi rapper (quelli più legati al contenuto e al linguaggio poetico voluto o meno). Inoltre, sono molto appassionato di cinema e cerco di farmi influenzare il più possibile da alcuni linguaggi utilizzati nel cinema d’autore. Forse, la derivazione da questi mondi apprezzati universalmente, mi permette di avere una posizione trasversale nella scena musicale.
Inoltre, hai anche scritto un saggio per il “Manifesto del Cambiamento” (Treccani) con lo scopo di creare un dialogo tra i giovani e i Maestri dell’arte contemporanea. Perché hai sentito la necessità di aprire un dialogo su questo punto?
Trovo questo punto un nodo delicato da sbrogliare e una grossa croce della nuova comunicazione, per cui i giovanissimi soffrono e fanno soffrire, senza porsi mai un problema etico circa tale pratica. Sono certo che il fenomeno si ingrandirà fino ad avere conseguenze altamente dannose sulla psicologia delle masse e sul concetto di dignità/amore, che oggi sembra seguire un modello “aziendale”, in cui la sintesi fa da padrona e agiamo ricercando la situazione più comoda e vantaggiosa.
Sulla base del tuo saggio il celebre artista Maurizio Cattelan ha creato una sua personale opera. Raccontaci com’è andata e com’è stato per te ricevere quella che potremmo definire una bellissima consacrazione.
Il progetto è stato coordinato da Giovanni Caccamo, al fine di pubblicare un Manifesto edito da Treccani che mettesse a contatto maestri dell’arte visiva e giovani con una storia da raccontare. Cattelan ha scelto autonomamente di sviluppare il mio saggio attraverso una scritta in rilievo che ricorda l’effetto “fantasma” prodotto dal ghosting. Credo, infatti, l’analisi di questo tema possa essere utile ad eliminare un problema di comunicazione che prolifera in maniera sempre più dilagante, soprattutto tra i ragazzi under 30.
Come nasce il tuo interesse per l’arte?
Nasce dalla passione per l’arte di mio padre, che però ha scelto sempre di nutrire nel tempo libero. Io ho preso le cose più sul serio, forse avendo scoperto questa strada più da giovane. Inoltre, il mio approccio all’universo artistico è sempre stato totalmente slegato dall’ambiente scolastico, con una particolare attenzione verso artisti spesso non compresi nei programmi di studio.
La musica e l’arte hanno spesso camminato insieme nei decenni passati. Pensiamo ai Velvet Underground e Andy Warhol ad esempio. Quanto pensi sia importante mantenere una connessione tra le diverse forme d’arte esistenti?
Trovo sia fondamentale per le forme d’arte e gli artisti contaminarsi. In questo modo, ogni interprete può trarre gli aspetti migliori da ciò che lo influenza e farli propri. Credo il rap possa assorbire dall’arte figurata un approccio più adulto e orientato verso la pura artisticità delle opere, specialmente in questo momento segnato dalla musica creata ad hoc per giovanissimi e adulti poco scolarizzati.
Cosa hai in previsione per i prossimi progetti?
Sono in giro a suonare da ormai circa 2 anni. Mi fermerò un po’ cercando di impegnarmi nella scrittura del prossimo progetto, che sarà, come sempre, studiato nei minimi dettagli per quanto riguarda le parole, le immagini descritte e le figure retoriche.